4 gennaio 2015

I misteri della vita privata

Le vacanze di Natale sono servite da propulsione per una lettura molto sostanziosa che mi accompagnava da più di qualche settimana. Proprio in chiusura del 2014 ho infatti terminato Breve storia della vita privata di Bill Bryson (Guanda 2011, trad. it. di S. Bortolussi), una niente affatto breve escursione storica, culturale e di costume nei più svariati angoli dell’evoluzione umana. 
In questo libro interessantissimo l’autore si avventura alla scoperta di una vecchia casa di sua proprietà – una canonica risalente all’età vittoriana – e descrivendo una stanza dopo l’altra si lancia nel racconto/resoconto delle innovazioni domestiche, private e sociali, che hanno cambiato per sempre l’esistenza della nostra specie. Bryson stesso afferma, all’inizio del suo viaggio, di voler scrivere “una storia del mondo senza uscire di casa”, in nome della convinzione che “guerre, carestie, la Rivoluzione industriale, l’Illuminismo: sono tutti lì, nei tuoi divani e nelle tue credenze, fra le pieghe delle tende, nella morbidezza dei guanciali di piume, nella tinteggiatura delle pareti e nell’acqua che scorre nelle tubature”. E direi che il suo obiettivo è stato raggiunto.
Il trattato di Bryson spazia, com’è naturale, su molteplici argomenti. La rutilante ricchezza di Londra in età vittoriana occupa spesso il primo piano del suo documentario verbale (specialmente quand’è il momento di raccontare i fasti dell’Esposizione Universale del 1851), ma c’è anche spazio per affascinanti indagini storico-linguistiche sull’origine delle parole che rientrano nel campo semantico della casa: ad esempio husband, room, cupboard, drawing room, sitting room, middle class, weekend, e tra le pagine possiamo anche ritrovare attente e a volte sorprendenti rappresentazioni dei costumi alimentari dell’Ottocento, con tutte le differenze (gravide di conseguenze) che separavano l’Inghilterra dall’Irlanda e dagli Stati Uniti. 
Il drawing room vittoriano di Cliffe Castle
(West Yorkshire)
Innumerevoli sono le notizie che ci fanno riflettere, sorridere, inorridire, leggendo questo libro: si parla dell’incredibile numero di stanze che costituivano la magnificenza delle dimore inglesi del Settecento, della tassa sulle finestre, della nascita del turismo, dell’illuminazione a candele e a olio, delle esigenze soddisfatte dalla caccia alle balene, dei fiori che decoravano i salotti, dell’avvento del giornalismo, della conquista della comodità (“si potrebbe dire che la storia della vita privata è la storia dell’agio conquistato con lentezza”, scrive Bryson), dell’arredamento delle nuove case della classe media, di spezie, degli orari dei pasti e delle visite agli amici, di legni, marmi, mattoni e pietre dure, di giardini e architettura, di libri, di veleni, di paure, ansie, chirurgia e malattie, di abbigliamento, di moda e di educazione. 
Bill Bryson è anche autore di Breve storia di (quasi) tutto, che è entrato nella lista dei miei “to be read”. Benché i titoli possano suonare altisonanti o supponenti, questi libri sono così brillanti, leggeri e ricchi di ironia da saper soddisfare molto bene l’antico precetto del docere et delectare, “insegnare divertendo”. Ottimi compagni di viaggio per iniziare il nuovo anno con freschezza e un pizzico di allegria.