28 febbraio 2013

Nasce JASIT, la Jane Austen Society of Italy

Il logo di JASIT è opera di Petra Zari
Carissimi lettori, con grande emozione oggi vi annuncio che è finalmente nata la Jane Austen Society of Italy, la Società Italiana di Jane Austen. Sono mesi ormai che cinque appassionati della tanto amata autrice inglese provenienti dai più disparati angoli d'Italia (io da Venezia, Silvia da Bologna, Petra da Pisa, Giuseppe da Roma e Gabriella da Lecce) sognano, progettano, inventano e infine creano uno spazio online tutto dedicato a Jane Austen, un piccolo mondo dove chiunque possa avvicinarsi all'autrice e alle sue opere. Il nostro intento, come recita il nostro statuto, è quello di promuovere nel nostro Paese  la conoscenza e lo studio di Austen, la sua vita, la sua opera, e tutto ciò che ad essa è legato, attraverso qualsiasi attività si riveli utile allo scopo, nel nome dell'arricchimento culturale personale e condiviso. Ebbene, dopo tante lotte con gli impegni della quotidianità e tante ore passate davanti al PC, dopo tanti momenti della giornata in cui i nostri pensieri si sono dedicati solo ed esclusivamente a questo straordinario progetto, JASIT è diventata una realtà. 

Abbiamo creato un sito/blog in cui tutti noi inseriremo notizie, articoli, commenti sulla classicità e sulla contemporaneità dei contenuti austeniani; il suo indirizzo è www.jasit.itAbbiamo aperto una pagina Facebook, per tenervi/tenerci sempre aggiornati: http://www.facebook.com/JasitJaneAustenSocietyOfItaly
Il nostro Giuseppe - ed ecco la grande esclusiva - ha tradotto in italiano (oltre a tutti gli altri romanzi di Austen), Orgoglio e pregiudizio in una edizione con la copertina di Petra che è un'assoluta esclusiva di JASIT (la vedete qui accanto), e che celebra, in compagnia di tutto il mondo, il Bicentenario della pubblicazione del romanzo (avvenuto giusto il mese scorso!). Potete acquistare questo magnifico gioiello sul sito di ilmiolibro.it, cliccando qui: http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=921224
I nostri progetti per JASIT, naturalmente, non finiscono qui. Perché per quanto Jane Austen sia ovviamente nota in Italia, riteniamo che il nostro spazio possa costituire una "piazza" di aggregazione per gli appassionati (e anche per gli esperti), da dove si dirameranno decine e decine di strade rivolte alle più disparate destinazioni. Nemmeno noi sappiamo oggi dove JASIT ci porterà, ma la prospettiva della costruzione di un cammino comune, percorso all'insegna dell'armonia, della gentilezza e della bellezza della letteratura, ci riempie di entusiasmo e moltiplica i nostri sogni ad occhi aperti. Siete tutti invitati a camminare insieme a noi, affinché possiamo confrontare le nostre passioni e produrre così un giorno discussioni, riunioni, escursioni. 
Benevenuti dunque nel nostro piccolo mondo austeniano. Un angolo delle più alte vette della cultura occidentale è a portata di clic : )

18 febbraio 2013

Leggere Roma


Castel Sant'Angelo. Foto di Mara Barbuni (2013)
Le mie passeggiate romane durante le vacanze di Carnevale (ah, il vantaggio di essere insegnanti!) mi hanno restituito il ricordo di tante piacevolissime letture legate alla città. Mi è sembrato di incontrare la Daisy Miller di Henry James tra i fasti di Piazza Navona; di udire i versi dell’imperatore Adriano (“Animula vagula blandula…”) sfuggire dalle pietre del suo mausoleo (Memorie di Adriano, Marguerite Yourcenar); di imbattermi in John Keats e Percy Shelley sulla soglia della loro casa in Piazza di Spagna; di scorgere Andrea Sperelli (Il piacere, Gabriele D’Annunzio) fra le fronde del parco di Villa Borghese; di ascoltare le declamazioni di Marco Antonio (Giulio Cesare, Shakespeare) sulle tribune del foro. 
La cappella Chigi in Santa Maria del Popolo.
Foto di Mara Barbuni
Un’intera splendida giornata di sole è stata poi dedicata ad una camminata particolare, ispirata alla lettura di un best seller che, se di valore letterario non ha quasi nulla, è molto suggestivo proprio nella rappresentazione dei suoi luoghi. Si tratta di Angeli e demoni, romanzo di Dan Brown. Organizzare una passeggiata che ripercorra la frenetica corsa di Robert Langdon (che nel libro tenta di salvare la vita a dei cardinali papabili rapiti proprio alla vigilia del conclave) porta alla scoperta di veri e propri tesori, che possono rimanere sconosciuti a chi visiti Roma con l’intento del semplice turista. Se infatti Piazza San Pietro, il Pantheon e la Fontana dei Quattro Fiumi sono mete scontate, la contemplazione della Cappella Chigi di Raffaello (un capolavoro di simbologia) dentro Santa Maria del Popolo e la salita a Castel Sant’Angelo sono esperienze da non perdere, e che personalmente non avevo avuto l’occasione di fare nel corso delle mie visite precedenti. L’ascesa dalle grotte di epoca adrianea alle stanze papali con i solenni affreschi di Raffaello e ancora più su alla terrazza dell’Angelo di bronzo che rinfodera la spada è un percorso di progressione dalle tenebre alla luce che lascia senza fiato. 
Panorama dalla terrazza di Castel Sant'Angelo. Foto di Mara Barbuni 
Le merlature superiori aprono la vista all’intera distesa della città contornata dai profili delle azzurre alture distanti, e da lassù si riconoscono tutti i monumenti più caratteristici dell’Urbe: il Colosseo, l’Altare della Patria, la cupola del Pantheon, il Quirinale, e infine i contorni della Cupola di San Pietro. Guardando verso il basso, il Tevere scorre lento sotto le arcate del ponte sorvegliato dai giganteschi angeli di pietra del Bernini, e a destra si intravvede il celebre Passetto di Borgo, il camminamento rialzato che in tante occasioni servì ai pontefici per rifugiarsi in segreto e al sicuro tra le mura della fortezza (fu utilizzato ad esempio da papa Alessandro VI Borgia durante l’invasione delle truppe di Carlo VIII nel 1494 e da Clemente VII all’arrivo dei Lanzichenecchi nel 1527). 
La Fontana dei Quattro Fiumi (G.L. Bernini)
in Piazza Navona. Foto di Mara Barbuni
Un libro interessantissimo che, pur non essendo una guida, potrebbe accompagnare una visita un po’ originale alla capitale è I segreti del Vaticano di Corrado Augias. Il giornalista romano è una delle menti più argute e lucide del nostro tempo, e in questo volume s’inoltra nelle vicende più o meno edificanti dei protagonisti della storia vaticana. Si spazia dal Novecento del terrorismo e delle dittature al Duemila di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI; dalla Sistina di Michelangelo al Colonnato del Bernini; da Nerone all’Opus Dei. Un capitolo affascinante è dedicato alla storia dei Templari, che tanti pseudo-documentari televisivi hanno ridotto a una sciocca leggenda di sapore paranormale e che invece è stata un passo fenomenale e drammatico dell’esistenza della Chiesa. Assurti a mito, questi guerrieri crociati dalle immense ricchezze hanno guadagnato un posto di rilievo nella lunga tradizione epica cavalleresca che da Re Artù è arrivata fino ai nostri giorni (vedi Il Codice Da Vinci dello stesso furbissimo Dan Brown). I misteri legati agli immensi tesori dei Templari, ai loro riti mistici, alla loro tragica umiliazione e alla loro morte, ai segreti connessi a una supposta discendenza di Gesù, al Graal e a tutte le altre moltiplicate leggende che lo circondano, sono parte non piccola della storia dei papi e della cristianità. Un saggio veramente interessante per chi fosse affascinato da questo mito è Il Santo Graal. Una catena di misteri lunga duemila anni di Michael Baigent, Richard Leigh ed Henry Lincoln, disponibile in una bellissima edizione illustrata (Mondadori). Il volume è basato su ricerche piuttosto attente che partono dai misteri di Rennes-le-Chàteau in Provenza (altro luogo suggestivo a questo proposito, dove si dice approdò Maria Maddalena dopo la morte di Cristo sulla croce; da non perdere la chiesa di Saintes-Maries-de-la-Mer); ma com’è ovvio credere ai suoi esiti richiede una qualche sospensione del giudizio…. Perché come scrive lo stesso Augias, “il fascino romantico di storie come queste sta proprio nelle ombre di cui sono intessute, in cui nessuna luce potrà mai penetrare”.

4 febbraio 2013

Effie. Storia di uno scandalo


In copertina, il ritratto
della sorella di Effie
ad opera di J.E. Millais
Com’è difficile stare lontana dal mio blog! Ma in queste settimane gli impegni della scuola e del mio corso di abilitazione all’insegnamento mi stanno portando via tutto il tempo e le energie… Stamattina però mi dedico subito subito ad Ipsa Legit, prima che le dispense di “Progettazione didattica e formativa”, la lezione da preparare in PowerPoint per domani, e i misteri della creazione di un Digital Story Telling mi rubino l’ispirazione per scrivere. 
Come vi anticipavo qualche giorno fa, sto leggendo Effie. Storia di uno scandalo di Suzanne Fagence Cooper (lo sto leggendo in inglese, in italiano è stato pubblicato da Neri Pozza). È la storia, intensa e dolorosa, di Euphemia, moglie dell’egregio John Ruskin – il maggior critico d’arte britannico, emblema del vittorianesimo. L’autrice del romanzo fa riferimento a lettere originali per ricostruire le amare vicende del matrimonio tra il grande intellettuale e la splendida ragazza e con la sua scrittura davvero pregevole ci restituisce la personalità concreta di Effie, che incontriamo come se fosse una persona reale, e tutta l’enormità della sofferenza che dovette sopportare. Lo scandalo che investì Londra quando ella, raro esempio di donna vittoriana che si ribellò ad un destino di sottomissione, lasciò il marito perché John non aveva voluto consumare il matrimonio, è solo una parte di questa storia, che approfondisce invece molto bene la dimensione emotiva (e psicosomatica: insonnie, tic nervosi, tremori, emicranie) del dolore di Effie e dei suoi familiari, dei suoi amici e dei suoi tanti innamorati – compreso il secondo marito, lo straordinario pittore John Everett Millais. La crudeltà cui Ruskin sottopose la sua giovane moglie si realizzò innanzitutto nel rifiuto fisico, poi nel preferire alla sua compagnia quella della propria madre e del proprio padre, poi nel costringerla a frequentare il “bel mondo” in completa solitudine e dunque senza la protezione necessaria, e infine nell’asserire che “his marriage was the greatest crime he had ever committed in acting in opposition to his parents” [quel matrimonio era stato il peggior crimine che avesse mai commesso agendo in opposizione alla volontà dei suoi genitori]. E tale crudeltà raggiunse il culmine della pericolosità quando egli, ormai probabilmente deciso a liberarsi di lei, avendo notato la simpatia che legava Effie al suo giovane protetto Millais, fece in modo che i due trascorressero insieme il maggior tempo possibile, sperando che la moglie cadesse in tentazione. Ella invece resistette, e fu Ruskin a dover pagare il conto davanti agli occhi (e alle voci) dei londinesi bramosi di pettegolezzi. 

John Everett Millais, Spring, or Apple Blossom, 1859, National Museums Liverpool
Nonostante questa attenzione, ottimamente resa grazie una scrittura elegante e limpida, al mondo interiore di tali grandi personaggi della storia inglese di metà Ottocento, io trovo che il successo del romanzo di Cooper stia nella rappresentazione della scena vittoriana. Sfogliando le sue pagine ci troviamo del tutto immersi in quel mondo opulento, e disorientati dai suoi vividissimi contrasti. Grazie ad Effie entriamo dalla porta principale nella rutilante Londra dell’Esposizione Universale, in un tripudio di feste, di strascichi, di salotti, di suppellettili preziose, di frequentazioni celebri (Effie fu compagna di scuola di Elizabeth Gaskell e amica di vere personalità come Rawdon Brown), di conversazioni edotte, di viaggi in Italia. “We can look over Effie’s shoulder as she stands at her open window on Twelfth Night 1850, watching as Venice is transformed by snow. Across the lagoon, San Giorgio Maggiore stands clean and cold, a silhouette against the storm clouds. Effie pulls her blue velvet jacket over her shoulders” [Possiamo guardare da sopra la spalla di Effie, mentre ella sta davanti alla finestra aperta il giorno dell'Epifania del 1850, a guardare Venezia transfigurata dalla neve. Oltre la laguna, San Giorgio Maggiore si staglia limpida e fredda, solo un profilo contro le nuvole gonfie di tempesta. Effie si copre le spalle con la sua mantella di velluto blu]. Il ritorno dell’immagine delle spalle di Effie, che conferisce una sottile circolarità a questo breve passo, si sposa stilisticamente con la citazione della ricchezza del velluto blu e con la descrizione di una Venezia pura, algida, innevata e minacciata dalla tempesta, che ha un altissimo valore simbolico.
John Everett Millais, Ophelia
1852, Tate Gallery
La forza pittorica di questo libro sta non solo nel suo talento icastico ma anche e soprattutto nella sua rievocazione dell’ambiente artistico in cui Effie si ritrovò a vivere. Ella fu dapprima moglie di un critico d’arte (che anche grazie a Stones of Venice assurse a fama internazionale e divenne una sorta di “vate” della fruizione artistica di tardo Ottocento) e poi di un pittore, per il quale posò molto frequentemente. John Everett Millais (autore del conosciutissimo Ophelia), conciliò nella propria carriera l’appartenenza alla Confraternita dei Preraffaelliti di Dante Gabriel Rossetti, William Holman Hunt e Edward Burne-Jones, e l’ambizione della Royal Academy. È grazie ad Everett Millais che ci rimangono i ritratti di alcuni fra fra i campioni della sua epoca (non solo Ruskin, ma Tennyson, Darwin, Gladstone e il Cardinale John Henry Newman) e l’intensa rappresentazione degli ambienti vittoriani che Effie frequentò per tutta la vita – atmosfere dense di colore, di nostalgia per un passato e una purezza perduti, di dolorose costrizioni fisiche ed emotive, di dubbi devastanti sulla natura dell’essere umano, malinconicamente solo sulla brillante scena di una nazione in trionfo.