20 giugno 2012

Romancing Miss Brontë


Fuori c'è un caldo insopportabile, ma nelle ore che ho trascorso leggendo Romancing Miss Brontë di Juliet Gael (TEA) mi è sembrato quasi di non sentirlo. Le pagine sono finestre sul clima tempestoso dello Yorkshire e lasciano passare il profumo dei pascoli e dei prati d'erica e i venti impetuosi che fanno volare i cappelli e si oppongono ai passi dei camminatori. E' un libro bellissimo, di grande forza emotiva, di quelli che vanno letti una seconda, una terza volta. Le sorelle Brontë sono ritratte vividamente, sono personaggi che fuoriescono dalla carta portandosi dietro sprazzi dei paesaggi che le contraddistinguono e le diversificano l'una dall'altra: Charlotte e la sua Londra degli editori, Anne e la pace della canonica, Emily e i tormenti della brughiera. E insieme all'immagine di tutte loro al lettore si presentano scatti in color seppia di fogli di carta sollevati e spostati dall'aria che fa sbattere i vetri, e il tintinnare del pennino che si appoggia ritmicamente sul calamaio. Il racconto della fase della scrittura delle tre sorelle, e del tenue inganno dei loro pseudonimi, è la parte migliore del romanzo/biografia di Gael. Qui Charlotte, Emily ed Anne sono ritratte in tutta la loro potenza immaginifica e nel culto del Genio, il vero tratto che le rese diverse da tante altre donne della loro epoca - e forse anche della nostra. 
Branwell Bronte, The Bronte Sisters
London, National Portrait Gallery
"Nel suo mondo immaginario [Charlotte] poteva modificare l'ordine naturale delle cose [...] Credeva nella supremazia dell'immaginazione senza impedimenti." "[Emily] impastava il pane con un libro di poesia tedesca aperta sul tavolo di cucina e inventava storie mentre spazzava i pavimenti o rifaceva i letti. Altri potevano considerare la sua vita piuttosto fredda e triste, ma Emily, che conosceva la felicità perfetta, non era affatto da compatire." "Scrisse [Charlotte]: 'Le vedute distanti erano la delizia di Anne e quando mi guardo attorno, lei è nelle sfumature azzurre, nelle pallide foschie, nelle onde e nelle ombre dell'orizzonte'." A rendere epica la storia che Gael ha deciso di scrivere c'è il sacro mistero di una femminilità che è allo stesso tempo costretta dalla quotidianità e straripante nella poesia. Per questo le ultime pagine, dopo la morte di Emily e quella di Anne, dopo la fine dell'esplosione della celebrità, dei viaggi nella selvaggia Scozia, delle illusioni - pagine in cui Charlotte non scrive e non pubblica, ma si sposa con un curato dall'intelletto medio, sembrano scomparire a paragone con le precedenti. Sono pagine intessute di regolarità coniugale e di dialoghi deboli, che di romantico (nel senso filosofico del termine) e di sublime (in senso kantiano o burkeano) purtroppo hanno perduto tutto. Ma il ricordo delle grandezza dei primi e dei capitoli centrali continua a perseguitarci: anche noi lettori abbiamo sentito quel vento in faccia e ascoltato la voce di Emily intonarsi con quella degli alberi, della neve, dei suoi fantasmi.