16 agosto 2011

Di miti e d'altri racconti

La forza evocativa narrativa della Cornovaglia è percepibile in ogni curva delle sue strade, in ogni baia, in ogni anfratto. Basti pensare che questo è il luogo di principio e di fine del più indimenticato protagonista della mitologia britannica, quel King Arthur che da figura storica di strenuo combattente contro l'invasione dei Sassoni (molto interessante, a questo proposito, il ciclo di romanzi di Bernard Cromwell) si è trasformato in un vero e proprio eroe dall'aura redentrice. Secondo la leggenda al castello di Tintagel, le cui rovine abbiamo visitato a nord della regione la scorsa domenica, Artù fu concepito da re Uther e dalla regina Igraine e poi cresciuto dal wizard di nome Merlino che abitava in una grotta (anche questa visitabile) presso la spiaggia. E dopo tutte le sue vicende e vicissitudini, gli amori con Ginevra e Morgana, il rapporto contrastato con l'amico Lancelot, la Tavola Rotonda (che si può vedere a Winchester), l'utopia di Camelot e l'inizio di quelle avventure che hanno generato il filone narrativo dedicato alla ricerca del Santo Graal (che anche nel XXI secolo costituisce il motif di straordinari best seller), Artù ha gettato la sua magica spada Excalibur proprio nel lago vicino al cottage dal quale sto scrivendo, e su una barca solitaria è stato trasportato, ferito a morte, verso Avalon, il wahlalla degli eroi. Da lì non è mai tornato: e se una scuola di pensiero vuole i suoi resti sepolti sotto la cattedrale di Gloucester, un'altra corrente immagina che egli stia solo attendendo il momento di ritornare alla vita terrena per liberare da ogni male e per sempre la sua Britannia. E come scriveva un librino illustrato che mi donò la mia maestra delle scuole elementari, la sagoma del grande re in groppa al suo destriero con la spada sguainata è talvolta ancora ritrovabile nella forma delle nuvole.