30 aprile 2011

Una fiaba da guardare

La bellezza delle nozze reali ha superato le aspettative. 
Non si può interpretare un tale attaccamento all’occasione, e ai protagonisti di questa bella storia: una affection, a quanto pare, comune ad altri 2 miliardi di persone. Queste occasioni sono così tenere e infuse di ottimismo e di speranza, che ci si lascia andare volentieri al sentimentalismo collettivo: essere parte della “massa”, in questi casi, riporta ai sogni e alle promesse dell’infanzia, e pervade l’atmosfera di una magia inspiegabile che sa arrecare strane ma vivide emozioni.
Alle 10.30 ero già davanti alla tv – il venerdì libero dal lavoro è stato una grossa fortuna (anche più del solito). È stato curioso assistere agli arrivi degli invitati; ma gli occhi sfuggivano presto da quelle piccole bambole agghindate con i loro cappellini frivoli, imperdibili, imprevedibili, imprescindibili, e si perdevano nell’immensità e nel trionfo del setting. L’abbazia di Westminster risplendeva di sfarzo, di imponenza, del pregnante senso della storia: la chiesa dei re, quasi avulsa dal tempo e dallo spazio grazie ai fregi, ai cori, alle volte vertiginose, alle colonne maestose eppur sfuggenti in alto, era stata adornata con brillanti alberi d’acero verde (scelti dalla sposa). Così l’architettura e la natura si fondevano in uno spettacolo che rappresentava la grandezza umana e insieme la sua radicata appartenenza alla terra e al cielo. Con i soffitti così elevati da sembrare invisibili e tanta lussureggiante vegetazione, l’abbazia di Westminster mi è sembrata, per un momento, Tintern Abbey.
Le emozioni sono iniziate con l’arrivo dei principi: la Rolls Royce perfetta, le divise da favola; per fortuna i capelli scomposti di entrambi, una volta tolti i cappelli, li hanno riportati nella nostra realtà, così come le loro normali chiacchiere, nervose per l’approssimarsi dell’evento.
Ma di certo – e non poteva essere diversamente – è stata la prima immagine della sposa a suscitare un vero senso di trepidazione: e definirla splendida è il minimo. Anche nella percezione di lei, credo, la “massa” si è lasciata travolgere da una gioia incontrollabile, perché la pura bellezza desta sempre, almeno nelle anime oneste, una commozione limpida e scevra di invidie e di malizia. L’eleganza desta ammirazione, in quelle anime: l’emozione, come quella che ieri era manifesta sul volto di lei e di tutti, risveglia un intenerimento che sta sempre nascosto in un angolino di noi, che siamo spesso costretti a negligere, ma che esiste, e talvolta ha l’effetto di rassenerarci.
Il breve rito si è svolto nella quiete e nella lucentezza dell’appagamento: forse paradossalmente (forse no), è stato proprio l’arrivo dei giovani sposi ad allentare la severità del fasto, e la loro presenza è sembrata voler accogliere tutti in una amichevole intimità. Lo stesso è avvenuto nel momento dell’apparizione al balcone di Buckingham Palace, e ancora di più nella scanzonata passeggiata in auto (una Aston Martin targata JU5T WED) decorata di fiocchi e palloncini come quella di una coppia di sposi dei nostri paesi.
La folla oceanica che ha allagato il Mall ha sorpreso persino la sposa – a quel punto Duchess of Cambridge – e ha dimostrato un’altra volta quanto le favole, fittizie o “reali” che siano, sappiano pungolare il cuore umano e rivelarci la nostra innata natura di sognatori. Per un giorno, per qualche ora, siamo stati proprio dentro (non solo con la tv, ma anche grazie a Facebook, a Flickr, alle app dedicate al matrimonio…) a una bellissima fiaba. Non l’abbiamo letta, ma l’abbiamo vissuta.
E ogni tanto, dobbiamo dirlo, ce n’è veramente bisogno.


28 aprile 2011

La libertà di non studiare

Sto leggendo, di Paola Mastrocola, Togliamo il disturbo. Saggio sulla libertà di non studiare. Sono arrivata quasi a metà e finora non ho trovato una sola frase con la quale sia possibile dissentire. L'autrice, come me, insegna alle superiori - anche se lei lavora in uno scientifico, e io in una scuola agli antipodi di un liceo - e descrive le stesse situazioni che io incontro ogni mattina. Nonostante una certa indulgenza al malumore e al catastrofismo, che chi non fa l'insegnante di sicuro troverà vittimista ed esagerata, il saggio è vivace, attento, talvolta anche storicamente puntuale. Per quanto ho letto finora Mastrocola si propone non solo di analizzare le cause per le quali gli adolescenti non amano lo studio (e quando mai??), ma anche di dimostrare che la massima parte del mondo che li circonda tollera, sostiene, avalla questa loro reticenza.
Molti dei ragazzi, non tutti per fortuna, sono pesantemente ignoranti, e si ritiene che la loro insipienza sia una moderna forma di conoscenza. Non provano più ammirazione, né tantomeno soggezione, per niente e per nessuno, e li si giustifica sulla base di un non meglio definito rifiuto dell'"antichità". Tanti allievi si propongono volontariamente agli insegnanti come soddisfatti imbecilli, e si suppone che la colpa sia da imputare all'insegnante stesso, che "non li sa motivare". Essi si adagiano al rigetto di qualsiasi forma di miglioramento di sé, e tale abulia la società lo accetta, con la scusa che i ragazzi bisogna lasciarli liberi (di non studiare, appunto).
Sbagliato. Alla loro età non bisogna lasciarli liberi, se scelgono deliberatamente l'errore solo per amore dell'omologazione. Non bisogna adeguarsi alla loro piccolezza personale, o inchinarsi a raggiungere la loro bassezza cognitiva. Il compito e il merito di un maestro o di un professore è l'opposto: non deve motivare, ma insegnare bene; non deve tollerare, ma sottolineare lo sbaglio, saggiamente e con cognizione; non deve giustificare, ma pretendere il rispetto dovuto al suo ruolo e ai suoi titoli; infine, deve dare ai suoi allievi tutti gli strumenti per uscire dalla loro condizione - anche se essi credono di averla scelta - ed elevarsi, crescere, diventare più sapienti, e migliori.


23 aprile 2011

World Book Day

Oggi è la giornata mondiale del libro, e visto che ieri sera ho terminato l'ennesimo romanzo, devo sceglierne uno adatto da iniziare per festeggiare questa occasione. Gli autori in lizza sono Tracy Chevalier (La dama e l'unicorno), Henry James (The Golden Bowl), Leo Tolstoj (Guerra e pace), Wilkie Collins (The Woman in White), e D. H. Lawrence (Twilight in Italy). Ho di che riflettere!
Ma quello che conta oggi è celebrare l'avvenimento, e pensare al valore dei libri nella nostra vita. Dalla Bibbia di Gutenberg agli ebook per Kindle la storia ha fatto passi da gigante... ma il pregio delle pagine scritte è sempre rimasto invariato. Che l'abbiano fatto su carta, con penna d'oca, con calamo, con sferraglianti Olivetti o con laptop all'avanguardia, i nostri grandi autori ci hanno aperto mondi sconosciuti o svelato i piccoli misteri della quotidianità; hanno urlato o cantato; hanno denunciato o lodato; hanno inventato; hanno descritto - hanno raccontato. 
E non c'è nulla di più magnifico e incantevole del racconto per farci ricordare quanto possa essere grande l'anima dell'uomo.


18 aprile 2011

"Il" libro

Nel pieno della mia "bonaccia" libresca mi sono avventurata nella Pastorale americana di Philip Roth. Scrittura esemplare, forte e sicura, che nonostante la sua per così dire graniticità stilistica riesce tuttavia ad evocare persino la delicatezza della nostalgia e il senso autunnale della vecchiaia. Eppure anche questo resterà un libro di passaggio, uno di quei romanzi che si è contenti di aver letto ma che non lasciano tracce visibili sulla nostra personalità letteraria. 
Questa è per me (non nella mia opinione, ma nella mia consapevolezza critica), ciò per cui la prosa delle donne si distingue da quella maschile. Lungi dall'avere una posizione di genere nei confronti della letteratura femminile, mi accorgo di amarla di più. Mi accorgo che Jane Austen, Elizabeth Gaskell, Virginia Woolf, Rebecca West, Edith Wharton, e oggi Kate Morton hanno scritto parole e pagine che non mi abbandoneranno facilmente. 
L'unica penna maschile ad avere avuto su di me un effetto così duraturo e travolgente è quella di Henry James. E forse, conoscendolo, non è un caso. James ha composto l'opera narrativa che, ancora durante gli anni del liceo, mi ha regalato la netta coscienza della parola scritta, aprendomi le porte al mondo che oggi frequento così volentieri, rendendomi forse quello che sono. 
"Il" libro per me è Ritratto di signora: è il romanzo a cui penso immediatamente quando mi si chiede quale sia il mio preferito; il libro da riscoprire ogni volta; il libro che ti mostra il volto della bellezza.
E per voi, qual è "il" libro? : )


7 aprile 2011

Momenti un po' spenti

Dopo l'ultimo libro di Kate Morton non ho avuto altre occasioni di letture veramente esaltanti. Ho scelto qualche giallo, qualche detective story abbastanza avvincente (in questi giorni tocca al terzo romanzo di Matthew Pearl - ma erano meglio gli altri due) ma sto ancora aspettando di leggere un racconto davvero importante. Ho scaricato qualche narrazione in inglese di Anna Katherine Green. Speriamo vada un po' meglio; ho proprio bisogno di un buon mystery per ispirare la conclusione della mia storia.