27 febbraio 2011

Sylvia's Lovers: le passioni

E' così che Sylvia rimane sola. Suo padre e il suo innamorato non sono più accanto a lei, sua madre regredisce ad uno stato infantile, e lei, stravolta dalla tragedia personale e politica, accetta il solo aiuto che ancora le venga offerto. Il matrimonio con Philip le appare una baia tranquilla dove trovare ristoro - un haven, appunto - che la consoli per i suoi lutti, che domini le sue tempestose passioni. Ma la serenità, come la calma solatia dell'estate dello Yorkshire, non può durare a lungo. Dopo anni di silenzio, ma mai di oblio, Charley ritorna da lei, da lei che è moglie e madre devota, e rivendica i suoi diritti di cittadino e di uomo cui la crudeltà della Storia ha negato la realizzazione dei desideri. L'episodio dell'incontro e dell'agnizione, avvenuti dopo i lunghi anni che Sylvia ha trascorso a camminare lungo il mare affannoso, selvaggiamente rimpiangendo il suo amore perduto, è un altissimo momento di commozione e di dramma:
«Sylvia s'incamminò in fretta verso casa, pensando e ricordando. [...] Una figura stava sulla via, [...] la schiena rivolta verso il sole del mattino; tutto ciò che ella vide [...] fu l'uniforme di un ufficiale di marina [...]. Sylvia affrettò il passo, senza tornare a guardarlo, sebbene i suoi abiti quasi sfiorassero quelli di lui, poiché egli non si era mosso. Non aveva percorso un centinaio di metri - no, neanche cinquanta metri! - quando il suo cuore sobbalzò, per morirle di nuovo dentro il petto, come se fosse stata colpita da un proiettile. 
"Sylvia!" egli disse, con la voce che tremava per la gioia e la passione. "Sylvia!"
Ella si voltò; [...] la luce cadeva dritta sul viso di lui. Era abbronzato, e aveva i lineamenti tirati; ma era lo stesso volto che ella aveva visto sul molo di Haytersbank tre anni prima, e che aveva creduto di non rivedere mai più in questa vita. Egli le era vicino, e tese le braccia verso di lei; [...] ma quando Sylvia le sentì strette intorno a sé, si ritrasse di colpo, gridò forte e pietosamente, e si portò le mani alla fronte come se cercasse di dissipare una misteriosa nebbia. [...] 
Sylvia allontanò infine le mani dal viso; era grigio come il volto della morte; la disperazione aveva spogliato i suoi occhi tremendi da ogni passione. 
"Dove sei stato?" gli chiese, con voce lenta e fioca, come se le si fosse strozzata nella gola.»
Sylvia's Lovers è un romanzo disperante e struggente, violento nella sua rappresentazione della solitudine e del rimpianto; e la presenza costante del mare ne fa un racconto quasi sublime.
Una storia indimenticabile.


26 febbraio 2011

Sylvia's Lovers: la Storia

William Turner, Whalers, 1845.
Oil on canvas. Tate Gallery, London, UK.
Nel post precedente ho avuto l'occasione di fare riferimento al complesso, talvolta drammatico rapporto tra l'individuo e il contesto sociale in cui si trova a vivere, ovvero tra la dimensione privata, che si vorrebbe sempre custodire gelosamente e proteggere, e la sfera pubblica, che anche nostro malgrado si frappone sul nostro cammino costringendoci a prenderne atto e a fare i conti con le sue manifestazioni. E' questo un argomento del quale tornerò a parlare, poiché mi sono accorta di amare moltissimo gli autori che ne trattano; ed è stato un tema centrale ai tempi della stesura della mia tesi di laurea, dedicata al romanzo storico di Elizabeth Gaskell, Sylvia's Lovers. Questo magnifico libro  del 1863, che a quanto mi risulta purtroppo non è ancora stato tradotto in italiano, si colloca cronologicamente nel pieno delle guerre napoleoniche, quando l'Inghilterra e la Francia si contendevano il dominio dei mari sfidandosi in epiche e sanguinose battaglie navali. I personaggi principali della storia, tuttavia, appartengono agli strati più semplici della popolazione di una cittadina semplice (Monkshaven, equivalente letterario della città di Whitby, nello Yorkshire); sono contadini, pastori, commercianti al dettaglio, e poveri balenieri - da cui l'immagine del quadro che ho scelto a corredo di questo post - costretti a trascorrere mesi e mesi lontani da casa, nelle fredde e infide acque della Groenlandia.
L'esistenza di questi personaggi - Sylvia, suo padre, Philip, Charley - è rivoluzionata dalle vicissitudini della guerra non tanto perché essi vengano coinvolti nei combattimenti (a parte Charley, che a un certo punto vediamo fronteggiare Napoleone stesso sul cocente campo di battaglia di Acre), ma perché su di loro si abbatte il decreto governativo della coscrizione obbligatoria. E' un fatto storico che alla fine del diciottesimo secolo la scarsità di uomini disponibili ai combattimenti portò il governo britannico all'arruolamento coatto di migliaia e migliaia di marinai, che venivano letteralmente rapiti dalle loro città o dalle loro navi e costretti a guerreggiare senza poter far sapere alle loro famiglie che cosa ne fosse stato di loro. A Charley Kinraid tocca questo destino; catturato dalle bande di coscrizione (le famigerate press gangs) deve intraprendere un'avventura bellica temuta ed esecrata, che lo allontana impietosamente dalla sua vita, dalla sua città, dalla sua Sylvia. 
La popolazione reagisce con furore al reclutamento forzato dei suoi giovani migliori; la ribellione s'innesca animale, e un rovinoso incendio illumina la notte di dolore di Monkshaven. Il padre di Sylvia è ritenuto leader dell'insurrezione: il lasciarsi trascinare nelle spirali della Storia sarà pagato con il prezzo più alto e più tragico.

24 febbraio 2011

Under Western Eyes


Ho trovato molte somiglianze tra Principessa Casamassima e uno dei romanzi più forti e commoventi che abbia letto, Con gli occhi dell'Occidente di Joseph Conrad. Anche questa è la storia di un giovane condannato alla povertà per la sua condizione di figlio illegittimo: un giovane costretto, suo malgrado, ad entrare nel vortice della Storia e ad intraprendere un doloroso percorso di autocoscienza destinato alla disillusione e all'oscurità. Razumov è "uno di quegli uomini che, pur vivendo in un periodo di instabilità [...] politica, mantengono una salda presa sulla vita quotidiana, normale, pratica." Ma la rivoluzione in corso nella sua Pietroburgo non lo risparmia: la politica e i suoi drammatici aut-aut piombano nella silenziosa stanza di Razumov strappandolo ai suoi studi e avviandolo sulla strada dell'inganno e della scissione emotiva. Il giovane è costretto all'esilio, si unisce ad un gruppo di fuoriusciti russi a Ginevra con i quali - e nonostante i quali - continua la sua storia di allucinante solitudine. Il distacco geografico, l'allontanamento dalla patria, non ha nulla di quei piaceri che il viaggio sul continente ha dato ad Hyacinth Robinson; per Razumov la Russia è la sola radice, la sola madre, la sola fonte di consolazione. La sua passeggiata nella Pietroburgo avvolta dalla neve racconta l'immensità del suo isolamento: "Razumov posò il piede - e sotto il soffice tappeto di neve sentì la dura terra della Russia, inanimata, fredda, inerte, come una tetra e tragica madre che cela il suo volto dietro un sudario - la sua terra natia! - la sua - senza un focolare, senza un cuore! Egli gettò gli occhi al cielo e ne fu sgomento. La neve aveva cessato di cadere, ed ora, come per miracolo, egli vide sopra la propria testa il nero firmamento limpido dell'inverno del nord, decorato dei solenni fuochi celesti." Una lettura densa di puro sentimento poetico e politico, senza eguali. Il racconto perfetto della tragedia di un individuo annientato dalla Storia.

21 febbraio 2011

Principessa Casamassima

Questo romanzo di James, pubblicato nel 1886, ha per protagonista Hyacinth Robinson, un giovane e povero rilegatore londinese che per la prima parte della storia vediamo gradatamente infervorarsi per il progetto di una insurrezione anti-borghese. Estremamente fervida è la narrazione dei suoi crescenti sentimenti di rivalsa sociale; nei suoi incontri con il rivoluzionario Paul Muniment, e durante la fatidica riunione nella quale promette la vita per la causa, Hyacinth appare come un eroe della democrazia, una guida per gli oppressi, l'incarnazione di un ideale di fratellanza e di equità. E' l'incontro con la Principessa Casamassima, altolocata partecipe del complotto, a sconvolgere i principi del giovane e a cambiare le sorti della storia. Conoscendo la nobildonna, ma soprattutto intraprendendo un viaggio sul Continente che lo porta a Parigi e a Venezia, Hyacinth scopre l'altra parte della propria identità, ossia quella nobile e innamorata dell'arte, che gli impedisce di proseguire il cammino verso la distruzione della grandeur della civiltà (borghese) in cui si è trovato a vivere. Tornato in Inghilterra, egli vive la perdita dell'innocenza scoprendo che la Principessa, suo proprio ideale di purezza e di giustizia, è una persona più fredda, più interessata, meno spirituale di quanto l'avesse creduta; e conclude la storia con l'unico gesto possibile per uscire invitto dalla dolorosa guerra in corso fra le due contrastanti parti di sé. 


19 febbraio 2011

Storie di rivolte e di insurrezioni

Il romanzo di Eco si sta facendo più interessante. Sono nel bel mezzo del capitolo dedicato alla spedizione dei Mille in Sicilia, e l'atmosfera della lettura si fa esaltante, specie dopo l'intervento di Benigni sull'inno di Mameli (giovedì 17). L'Unità d'Italia, di cui tornerò a parlare appena scatterà il mese di marzo - mese dei festeggiamenti - è stata un movimento di insurrezione nei confronti degli invasori che dovrebbe dare orgoglio alla nazione. Il Risorgimento ha avuto espressioni di trionfalismo, di sacrificio, di alta strategia politica, di compromessi, di complotti, di accordi e di interessi poco chiari... ma è stato soprattutto la manifestazione della forza della rivalsa, dell'indipendenza, dell'intelligenza di tante migliaia di giovani disposti a tutto (siam pronti alla morte) pur di lasciare ai loro figli una patria pienamente libera. 
Vorrei preparare il percorso verso dei post dedicati solo all'Italia scrivendo in generale di libri dedicati alle rivolte e alle insurrezioni, pianificate, realizzate o solo immaginate. Il primo che mi viene in mente è Principessa Casamassima di Henry James, che ho già citato nel post su Londra.

18 febbraio 2011

E a proposito di caffè...

Sto leggendo Il cimitero di Praga di Umberto Eco. Molto raffinato, molto intenso nella sua manifestazione dell'odio (tanto che a volte diventa davvero inquietante), il romanzo si sofferma spesso a raccontare, ad evocare, cibi e bevande che rappresentano di volta in volta i vizi e le virtù del popolo italiano di fine Ottocento. Il narratore abita a Torino, e così descrive uno dei suoi appuntamenti preferiti: "[...] mi recavo al Caffè al Bicerin, vicino alla Consolata, a prendere quel bicchiere con protezione e manico di metallo, odoroso di latte, cacao, caffè e altri aromi. Non sapevo ancora che del bicerin avrebbe scritto persino Alexandre Dumas, uno dei miei eroi [...], ma nel corso di non più di due o tre scorribande in quel luogo magico avevo appreso tutto su quel nettare, che derivava dalla bavareisa anche se, mentre nella bavareisa latte caffè e cioccolata sono mescolati, nel bicerin restano separati in tre strati (tenuti caldi) [...].

15 febbraio 2011

Ci vuole solo un istante

Il fumo, a volute sottili, s’inerpica lungo la carta da parati, che è qui e là intatta, qui e là tormentata da troppi anni di riscaldamento artificiale. L’inverno quest’anno è arrivato presto, e anche se è solo la fine d’ottobre il termosifone è già rovente, e appanna i vetri carichi di gocce di pioggia. La casa è vuota, nella penombra della sera che avanza da lontano: dalla porta del bagno, che hanno lasciata aperta, si espande il suono bolso di una lavatrice. Ovunque è quiete e grigiore.
E poi, d’un tratto, si spalanca nell’ingresso un fascio di vita, e due gambe ben tornite, calzate di azzurro cielo, entrano in scena: incespicano sull’orlo del tappeto, recuperano con un saltello, si incrociano, resistono, frenano a piedi uniti. Frana sul pavimento una cascata di buste giallognole, che ridanciane sparpagliano per ogni dove i loro tesori: le gambe del sedano altero, le frivole carote, il radicchio dal cipiglio arcigno, le cipolle allegre, due fiacche melanzane, e il capocomico: il peperone giallo. Le gambe azzurre sono impazienti: si piegano sulle ginocchia e lasciano il primo piano a due mani grandi, bianche, incise da ramoscelli di vene di lillà. Ci vuole solo un istante perché tutto sia raccattato e traslocato sopra il tavolo. Parte una canzone: la radio si schiarisce la voce e un fluido di note libere riempie lo spazio della casa, che ora è fulgida di colori, densa di vapore umano, distratta dalle sue inquietudini e dal tossire asmatico della vecchia lavatrice.
La cucina è l’incanto di una strega: troneggia la pentola panciuta sopra il timido fuoco, e borbottano le sue acque perigliose: una padella scarlatta sfrigola pettegola, ammiccando al pesciolino d’argento che con l’occhio sbarrato dal terrore aspetta nel lavandino l’ora della sua terribile fine. Si destano le verdure dalla loro quiete apparente, si guardano intorno, trasecolano alla vista del coltellaccio, e tutto darebbero per sfuggire al bagliore della sua lama; ma Gambe Azzurre non dà tregua: ci vuole solo un istante, e le protagoniste sono già scomparse, trafitte, sfumate in un fiume di colori a pezzettini, come un arlecchino stracco, rassegnato a sfociare nel gran mare salato della pentola bollente.
Ci vuole solo un istante: e la cena è servita.

14 febbraio 2011

Libri da mangiare

Oggi voglio deviare il mio percorso dai luoghi della lettura ai suoi sapori. Mangiando un piccolo ma intenso tartufo al cioccolato e nocciole (regalo di San Valentino) mi sono venuti in mente quei libri che si dedicano all'esplorazione del gusto e che fanno delle loro storie il naturale contorno alla rappresentazione delle delizie del palato. Uno di questi, breve, talvolta ridondante, ma infine molto goloso, è Estasi culinarie di Muriel Barbery. Cito un passo che ho letto proprio stamattina, una specie di apologia del pomodoro: "Il pomodoro crudo, divorato appena colto in giardino, è la cornucopia delle sensazioni semplici, una cascata che sciama in bocca riunendo ogni piacere." Barbery è naturalmente l'autrice di L'eleganza del riccio, nel quale compare invece un elegantissimo encomio del tè: "Scende il silenzio, fuori si ode il vento che soffia, le foglie autunnali stormiscono e volano via, il gatto dorme in una calda luce. E, ad ogni sorso, il tempo si sublima." Ritornando al cioccolato, la prima lettura a cui penso è Chocolat di Joanne Harris, ma è giusto citare anche La fabbrica di cioccolato di Roald Dahl. La pregnante armonia del vino e il suo ancestrale rituale di produzione sono il soggetto di Blackberry vine (Vino, patate e mele rosse) di Joanne Harris, Un'ottima annata di Peter Mayle, e L'irresistibile eredità di Wilberforce di Paul Torday. Di altre varietà di cibo raccontano La scuola degli ingredienti segreti di Erica Bauermeister, Il gusto proibito dello zenzero di Jamie Ford, Julie & Julia di Julie Powell, Afrodita di Isabel Allende, Cinque quarti d'arancia, ancora di Joanne Harris. Da non dimenticare, anche se non è un romanzo, le Misticanze del professor Beccaria, e da non trascurare anche quei passi veloci, ma ricchissimi di sapore, che condiscono i grandi romanzi della letteratura. Penso ad Anna Karenina, o, con ancora maggiore e dolce nostalgia, alla magnifica colazione di Natale all'apertura di Piccole donne.

13 febbraio 2011

Londra luogo della poesia

Composed upon Westminster Bridge, September 3, 1802

Earth hath not anything to show more fair:
Claude Monet, The Thames at Westminster, 1871
Oil on canvas. National Gallery, London, UK. 
Dull would he be of soul who could pass by
A sight so touching in its majesty:
This City now doth, like a garment, wear
The beauty of the morning; silent, bare,
Ships, towers, domes, theatres and temples lie
Open unto the fields, and to the sky;
All bright and glittering in the smokeless air.

Never did sun more beautifully steep
In his first splendor, valley, rock, or hill;
Ne'er saw I, never felt, a calm so deep!
The river glideth at his own sweet will:
Dear God! The very houses seem asleep;
And all that mighty heart is lying still!

              William Wordsworth

11 febbraio 2011

Il luogo del racconto: Londra/2

Per dire la verità non è facile svolgere una ricerca sistematica su un argomento così vario. Il problema è, che per quanto Internet sia sempre una valida fonte di informazioni, e per quanto leggere sia fra le cose che amo di più, troppi libri che la Rete mi assicura essere ambientati a Londra non sono mai finiti nella mia biblioteca (o nel mio Kindle), e mi è difficile sceglierne alcuni da citare qui. I vari cataloghi librari però mi hanno restituito, oltre ai titoli che ho nominato nel post precedente, e ad altri libri che ho letto ma che non mi hanno particolarmente entusiasmata (talvolta sono dei capolavori - vedi Saturday di McEwan, ma della sua penna ho senz'altro preferito Espiazione) altri romanzi che potrebbero meritare di essere acquistati. Tra questi 84 Charing Cross Road di Helene Hanff, storia di una corrispondenza epistolare tra due amanti della letteratura. Devo procurarmelo per forza, così come sto cercando l'occasione giusta per la spesa folle di La grande storia del Tamigi di Peter Ackroyd, e vorrei anche immergermi nella grande storia della città di Edward Rutherfurd, London, The Novel, appunto.

9 febbraio 2011

Il luogo del racconto: Londra

Il Big Ben.
Foto di Mara Barbuni (2007)
Ma nessuna città più di Londra popola la mia immaginazione letteraria. Non saprei da che parte incominciare a citare le meravigliose storie che in questo luogo fortemente evocativo hanno conosciuto il loro svolgimento, il loro inizio o la loro fine. Inizierei con Charles Dickens: David Copperfield, Oliver Twist, La bottega dell'antiquario, Le due città, il capolavoro Il nostro comune amico. Lo splendido Principessa Casamassima di Henry James vive Londra con una intensità e una forza narrativa poco comuni (com'è tipico del rapporto di questo mio amatissimo autore con la geografia del setting). Quello spettacolo che è La fiera delle vanità di Thackeray mostra la funambolicità della città. Jane Austen la tratta con intenzioni marginali, poiché essa è solo una tappa di passaggio nella vita delle sue protagoniste: Elinor e Marianne Dashwood (Sense and Sensibility) la sperimentano come un universo ambito e aborrito, un luogo di esaltazione e poi di profondo dolore. Daniel Defoe racconta la grande Londra della malavita in Moll Flanders, e anche Humphrey Clinker di Smollett, nella sua natura picaresca, passa per la capitale. I gialli di Agatha Christie e di Conan Doyle partono da Londra, dove i due eroi-detective hanno il loro quartier generale; e lì ha luogo la storia del Ritratto di Dorian Gray. E che dire di Mrs Dalloway di Virginia Woolf, che della città fa il necessario scenario? Sto ripescando dalla memoria i grandi capolavori della letteratura, ma ci sono altre decine e decine di libri ambientati mella città della Regina. Farò una ricerca più sistematica per il prossimo post.

7 febbraio 2011

Il carteggio Aspern

"Le ore della sera le passavo o sull'acqua (il chiaro di luna di Venezia è famoso), o nella splendida piazza che serve da corte esterna alla vecchia basilica di San Marco. [...] La meravigliosa chiesa, con le sue basse cupole e i suoi irti ricami, col mistero dei suoi mosaici e delle sue sculture, appariva spettrale nella semioscurità, e la brezza marina passava tra la coppia di colonne della Piazzetta, stipiti di una porta non più custodita, con tanta dolcezza che sembrava vi si agitasse una sontuosa tenda."

Henry James
(Il carteggio Aspern, Marsilio 1991)

6 febbraio 2011

Il luogo del racconto: Venezia

Venezia dalla Amerigo Vespucci
Foto di Mara Barbuni
Oggi ho visitato la Collezione Peggy Guggenheim (con mostra temporanea dedicata al Vorticismo che mi ha tanto ricordato The Good Soldier di Ford Madox Ford), e la luminosa passeggiata in Piazza, la traversata del Canal Grande sul "gondolino", la quiete dei dintorni della Salute hanno rievocato tutte le mie letture - passate e future - ambientate a Venezia. Ho pensato a Henry James - Le ali della colomba, Il carteggio Aspern e The Italian Hours, alla Morte a Venezia, a Shakespeare per Il Mercante di Venezia e Otello, a Fondamenta degli incurabili di Brodskij, a Cortesie per gli ospiti di McEwan, ai gialli di Donna Leon, a L'amante senza fissa dimora di Fruttero&Lucentini. Venezia, del resto, è un libro da leggere già di per sè...

5 febbraio 2011

Il luogo del racconto: New York

Naturalmente Hell's Kitchen è un quartiere di New York (niente a che vedere con un irascibile cuoco scozzese...). The Devil Wears Prada descrive l'aspetto più colorato e frenetico della città, i suoi palazzi eleganti, i taxi, i locali alla moda, i ristoranti di lusso. Ma New York ha fatto da setting per decine e decine di altri libri, che ne hanno esplorato tutte le sfaccettature: pensandoci, mi sono venuti in mente Il giovane Holden di Salinger, Washington Square di James, L'età dell'innocenza di Wharton, Colazione da Tiffany di Capote, Il grande Gatsby di Fitzgerald, Le correzioni di Franzen, Underworld di De Lillo... Un elenco davvero ben fatto, per chi fosse sul punto di partire e volesse avere un ritratto della grande mela, prima letterario che visivo, si trova in:

4 febbraio 2011

Altre piacevoli letture

Una delle cartelle del mio Kindle si chiama proprio così, Altre piacevoli letture. "Altre" semplicemente perché non rientrano nei gruppi dedicati alla grande, magnifica letteratura: non sono quindi opere di Jane Austen, o di Gaskell, o di Conrad, o di Henry James, o di Melville, o di Tolstoj, o di Dostoevskij, etc., ma sono comunque "piacevoli". Forse il termine tecnico corretto è Trivialliteratur, ma questi libri che definirei quotidiani, amichevoli e confortanti mi piacciono così tanto che non mi sento di definirli "triviali". In questa cartella trovano spazio i romanzi di Kate Morton, i saggi di Corrado Augias, qualcosa di Joanne Harris, i gialli di P.D. James, le operine di Margaret Doody, le meraviglie di Tracy Chevalier e tanti altri. Questa settimana, terminata la storia di un crudele omicidio (Scuola omicidi di Elizabeth George) sono entrata in un mondo così frivolo che più frivolo non si può, quello di The Devil Wears Prada. Questo libricino, oltre ad essere davvero divertente - e abbastanza diverso dal film - mi sta insegnando tantissime espressioni inglesi che non conoscevo! E poi ci sono rievocazioni divertenti, come quando Andy, in cerca di un appartamento a New York, afferma di avere trovato una stanza "in the middle of Hell's Kitchen". Nessun'altra indicazione sarebbe stata più rappresentativa di questa!

2 febbraio 2011

My Kindle

Ebbene sì. 
Finalmente su questo blog dedicato alla lettura è comparso (vedi l'immagine del post precedente) il vero simbolo della rivoluzione. Eccolo, il Kindle. 
Il lettore elettronico di libri elettronici (ebooks) che cambia il modo di leggere e di procurarsi da leggere. In pochissimo peso puoi portare con te la tua intera biblioteca (ci stanno 3500 libri...)! Puoi prendere appunti, sottolineare, infilare segnalibri virtuali, mentre l'inchiostro elettronico si staglia con perfetta nitidezza su una pagina priva di retroilluminazione. 
Questo post sembra una pubblicità tratta da Amazon.com: ma in realtà è solo la descrizione di un'esperienza! Per farsi un'idea obiettiva di come sta cambiando la percezione della lettura per gli italiani (quei pochi che leggono): http://ehibook.corriere.it/
Kindle è un piccolissimo mondo che ne contiene uno senza confini..


1 febbraio 2011

Kate Morton

Ho appena finito di leggere il romanzo di Kate Morton The Distant Hours, la terza opera dopo The House at Riverton e The Forgotten Garden. Sono libri meravigliosi, la cui particolarità sta nello stimolare tutti i sensi della percezione umana. In questo ultimo volume, il contesto della tempesta che si sta scatenando sul Kent sembra quasi farti sentire la sua umidità, la sua sospesa paura degli elementi.... E' una scrittura accurata e limpida, sviscerata molto sapientemente tra un'epoca storica e l'altra. Lo sfasamento cronologico, del resto, è la cifra della narrativa di Kate Morton. Un inglese semplice, ma bellissimo, e sempre pieno di vita. Da consigliare.